La mente è come l’acqua: deve acquietarsi per farsi limpida e permetterci di vedere

B. Bara

La terapia è un lavoro che si fa in due, i cui risultati appartengono a uno solo.

Il terapeuta mette se stesso a disposizione, proprio come un allenatore che, all’interno di una palestra, guida verso l’apprendimento dello sport desiderato. Il terapeuta è quindi colui che mostra e motiva, la fatica del lavoro appartiene invece a chi gli sta di fronte, che esegue gli esercizi, perché, si sa, nessun atto eseguito da altri può modificare il proprio essere.

Ed è così che la terapia diventa il luogo in cui si confrontano due esperti: da un lato chi conosce la tecnica, dall’altro chi conosce la propria storia ed è disposto a metterla in campo, a ragionarci su, a provare a guardarla da diversi punti di vista con l’idea di raggiungere un consapevole equilibrio dinamico che possa aiutare a far fronte alle sfide che la vita pone con una marcia in più.

La consapevolezza ricercata è, quindi, profonda e riguarda il proprio modo di vedere sé e il mondo. L’obiettivo non è trovare la verità assoluta, ma come mai una determinata persona si trovi in un determinato stato di crisi sulla base di quella che è la sua personale storia. Non esiste una storia giusta o sbagliata a priori, ma solo più o meno funzionale sulla base del modo in cui ce la si racconta. Da queste poche righe, si può immaginare come questa consapevolezza passi anche attraverso l’accettazione di sé a tutto tondo, andando a cogliere come ogni sfaccettatura, anche quelle percepite come più dolorose, facciano parte del proprio essere e contribuiscano a rendere ognuno unico e irripetibile.

I nostri tratti meno piacevoli sono nostri quanto quelli che più apprezziamo. Smettere di combattere con sè stessi, riuscire a perdonarsi ciò che causa dolore, non scegliere fra bene e male, non discriminare fra brutto e bello, ma cercare di comprendere passato e presente
(Bruno G. Bara. 2016. Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva, p.88)

Pilastro fondante e imprescindibile di questa modalità di concepire la terapia è la relazione. Solo all’interno del qui ed ora di una relazione vera, ma anche a senso unico e non giudicante, è possibile per un paziente capire quali schemi e significati siano alla base della sua vita.

L’interazione nel momento presente dà modo di osservare cosa sta succedendo, capire come questo si riproponga anche nella vita di tutti i giorni, provando poi a mettersi in gioco in modi diversi, sperimentandosi in un ambiente sicuro.

Per poter fare ciò l’ambiente che il terapeuta offre è di base senza giudizio e accogliente, in cui le normali norme sociali della conversazione vengono sospese. In terapia si può parlare di tutto, anche di quei temi più scomodi che nella vita di tutti i giorni potrebbero essere considerati come sconvenienti o pericolosi.

Tutto ciò è possibile se svolto in un clima di fiducia e affidamento, un luogo protetto e personalizzabile in cui potersi scoprire e riscoprire.

Se la consapevolezza di sé stessi e della propria storia di vita è così importante, se a questa è legata addirittura la felicità del benessere psicologico, perché non dovrebbe essere attivamente cercata da chiunque, indipendentemente dall'essere classificati come sani o malati?
(Ibidem, p.100)